Tra le risorse genetiche vegetale di interesse agrario, il progetto intende dare maggiore risalto alle specie arboree da frutto, concentrandosi sulle varietà locali a rischio di erosione genetica delle specie dei generi Citrus, Eriobotrya, Opuntia, Malus, Pyrus, Prunus, Morus, Ficus, Punica, Cydonia e Vitis, perché rappresentano una preziosa fonte di variabilità genetica da salvaguardare, valorizzare ed utilizzare. Altre specie tipiche di sistemi agro-forestali, come il noce, il carrubo e il castagno, hanno subito un processo di selezione ad opera degli agricoltori tuttavia questo patrimonio risulta poco conosciuto e meriterebbe anch’esso un’opera di salvaguardia e conservazione. Nell’ambito del progetto si provvederà ad iniziare una prima attività di reperimento e classificazione dei genotipi di queste specie. Le specie arboree, siano esse inserite in sistemi naturali (forestali) che artificiali (agricoli ed agro-forestali), hanno da sempre assolto ruoli strategici sia nelle comunità rurali che nelle realtà agricole moderne più avanzate. Le piantagioni monospecifiche basate su poche varietà migliorate hanno contribuito nel tempo ad impoverire sempre più la diversità genetica ereditata, soprattutto in quegli ecosistemi resi già vulnerabili da precarie condizioni ambientali, come negli ambienti aridi e semiaridi. Negli stessi ambienti un parallelo ed ancor più rapido processo di erosione genetica è in atto anche per i sistemi artificiali, quali quelli agricoli ed agroforestali, che può essere considerato come il risultato convergente da un lato del turn-over varietale (molto comune ed intenso per le specie più diffuse e coltivate) e dall'altro dell'abbandono delle specie di sempre minore importanza economica (che tendono ad essere rimpiazzate globalmente da altre maggiori).
L'alimentazione umana è ormai nel mondo basata praticamente sui prodotti derivati da circa una ventina di specie (su un totale di circa cinquemila coltivate per usi alimentari) tra cui appunto frumento, mais, riso, miglio, sorgo, patata, cassava, piselli, fagioli canna da zucchero, noce di cocco e banane (US National Academy of Science, 1975). Tra queste non compaiono specie arboree, a conferma del fatto che in termini generali i frutti non vengono utilizzati per soddisfare fabbisogni alimentari primari. Ciò in parte spiega la relativa scarsa incidenza della frutticoltura sull'insieme delle attività agricole su scala globale, almeno in termini di land utilization (6% ca. delle terre arabili), ma, non in termini di contributo all'innalzamento dello standard di vita. L'Asia e l'Europa da sole forniscono oggigiorno più della metà del totale della produzione frutticola mondiale, seguite da America meridionale, America settentrionale e centrale, Africa, ex URSS e Oceania. Tra tutte queste aree quelle del Medio Oriente e del Bacino del Mediterraneo mantengono la più lunga tradizione frutticola per ragioni storiche, ambientali ed evoluzionistiche. Il bacino del Mediterraneo può essere considerato, infatti, come centro primario di origine e diversificazione di parecchie specie arboree da frutto di zone temperate e sub-tropicali. La grande ricchezza di specie è determinata dall’evoluzione in situ del germoplasma indigeno, dall’apporto derivante da altre regioni, dalle millenarie attività antropiche di domesticazione e di miglioramento genetico. Per lunghi periodi di tempo molti fruttiferi considerati minori hanno, a livello locale, mantenuto un ruolo non secondario nelle abitudini alimentari dei popoli mediterranei contribuendo significativamente alla diversificazione sia dal punto di vista nutritivo che da quello ambientale ed agricolo.
Ciononostante il processo di modernizzazione dell'agricoltura ed i cambiamenti nelle preferenze dei consumatori orientati dall'influenza dei mezzi di comunicazione contribuiscono alla sempre maggiore standardizzazione dell'offerta e della domanda. Ciò va determinando un continuo e sostenuto processo di riduzione della diffusione e dell'importanza economica di molte specie minori che ne incrementa la vulnerabilità ed il rischio di erosione genetica.
La perdita di materiale genetico di specie arboree del mediterraneo comporta inevitabilmente anche la perdita di valori non solo alimentari ma anche storici e paesaggistici, di prodotti non eccedentari e quindi di possibili alternative colturali, di potenziali nuovi prodotti industriali, di colture polifunzionali (Multi-purpose trees), di entità genetiche frugali, spesso resistenti all'aridità e/o alla salinità, di possibili portinnesti, di fonti di caratteri genetici utili in programmi di miglioramento, di habitat per tutta una serie di organismi tipici dell'agro-ecosistema. I maggiori limiti di cui soffrono gran parte delle specie arboree a rischio di erosione genetica possono essere individuati complessivamente nella mancanza di interesse economico, nel cambio delle abitudini dei consumatori, nella mancanza di sufficiente aggiornamento tecnico, agronomico ed industriale sulla loro coltivazione ed uso, nella competizione esercitata da specie e cultivar di maggiore attualità e rispondenza economica, nella ristrettezza del mercato finora alimentato. Alcune specie, inoltre, soffrono per problemi particolari che ne hanno rallentato storicamente la diffusione, quali lungo periodo di giovanilità, lungo periodo improduttivo, consumo solo dopo processi di post-maturazione, scarsa produttività ecc.
La consapevolezza del rischio di questo processo di erosione genetica viene percepito in maniera diversificata dalla comunità scientifica. Si può, infatti, affermare che sta aumentando la consapevolezza che queste specie, per il ruolo multiplo (agro-forestry, industria, conservazione del suolo ecc.) da esse giocato negli ambienti semi-aridi ed in condizioni di marginalità, possono offrire un valido contributo alla diversificazione ed alla rivitalizzazione dell'agricoltura su scala locale nelle aree tradizionali. A partire dalla Conferenza di Stoccolma su Human Environment del 1973 ad oggi grandi sforzi sono stati fatti sul fronte della salvaguardia delle risorse genetiche con risultati, però, concentrati sulle maggiori specie arboree di più grande rilievo economico e diffusione prevalentemente continentale. Solo da pochi anni si è compresa l’importanza di dedicare altrettanta attenzione sulla agro-biodiversità residua ancora rintracciabile a livello di specie minori o neglette tipiche degli agro-ecosistemi del bacino del Mediterraneo al fine di salvaguardare, valorizzare e quindi conservare un patrimonio genetico di incalcolabile valore preservandolo dal rischio di estinzione.